giovedì 1 novembre 2018

Quel verme del Salvini

In un tweet, il vicepresidente e ministro degli interni Matteo Salvini ha definito verme uno dei presunti autori dello stupro e dell'uccisione di Desiree Mariottini, avvenuto nel quartiere San Lorenzo di Roma una settimana fa.
Ovviamente la giustizia farà il suo corso come è giusto che sia, perché crimini di questa portata vanno puniti con durezza e i criminali che li commettono vanno allontanati dalla società e condannati a pene adeguate.
Ma dall'atteggiamento di Salvini con quel "verme" e dalle tante definizioni che i media da decenni danno ad autori veri o presunti, va fatta una serie di considerazioni.


Parole come "branco", "covo", per definire gruppi di delinquenti che compiono reati o basi logistiche ed operative di organizzazioni criminali o combattenti, sono ormai entrati nel linguaggio comune.
Lo scopo dovrebbe essere chiaro, ma si è perso: disumanizzare l'avversario, degradarlo ad animale o a mostro è un espediente mediatico per criminalizzare comportamenti sovversivi in conflitto con il potere dominante o determinate categorie sociali.
Nel "verme" di Salvini non c'è solo la disumanizzazione del presunto reo, ma con quello che ha detto e fatto sn'ora, c'è l'attacco alla categoria dei migranti, che diventano così nella visione comune, nel pensiero prevenuto tutti criminali potenziali e o fattivi.
Si capisce bene che un'operazione di questo tipo, reiterata nel tempo orienta l'opinione pubblica al razzismo e prepara ai pogrom e a gesti di stampo razzista e criminale, come i colpi di fucile ad aria compressa tirati un po' ovunque contro persone non caucasiche, pestaggi e discriminazioni d'ogni tipo.
Non è un "branco", ma un gruppo di criminali che stupra una ragazza


Diciamolo. Così come politici e media di regime (regime al di là che siano in quota a lobby sovraniste o globaliste) adottano i principi di Goebbels nella comunicazione, anche sul piano della criminalizzazione sociale e politica il metodo è quello nazista.
Dare del verme, della bestia del branco, del soggetto dentro un covo, che evidentemente prolifica la sovversione, a una persona o a un gruppo di persone è un po' come segnare come ebreo un negozio e mettere una stella gialla o un triangolo rosso su una casacca.
Sappiamo che il nazionalsocialismo considerava inferiore la "razza" ebraica, ma anche gli slavi, gli zingari e altre categorie dell'umano. Quindi una differenza con i pensatori del pensiero unico odierno c'è. Ma la logica è la medesima e i risultati sono immaginabili, in un'epoca in cui siamo border line tra totalitarismo della turbofinanza, delle élite globaliste e fascismo dei nuovi nazionalismi che imperversano dall'Ucraina all'Italia, dall'Austria all'Ungheria.

Una società civile, con la sua civiltà giuridica garantista si regge non solo sulla qualità dei contenuti di un sistema democratico, ma anche sulla forma con la quale il mondo dell'informazione, della cultura e le istituzioni si esprimono. In una società come quella italiana, che va avanti con emergenze d'ogni tipo, si capisce il legame tra eccezionalità portata a regola e il linguaggio criminalizzante ben studiato, calibrato che parte dai centri di potere istituzionale e politico.
Non è un "covo", ma una base di un'organizzazione sovversiva


In definitiva Salvini non ha aggiunto niente di nuovo. Se torniamo indietro negli anni i vari Spadolini, Cossiga, Pecchioli, non usavano espedienti diversi soprattutto verso i movimenti conflittuali dell'epoca. E Bozano era solo un mostro.


Ma è questa cultura della criminalizzazione che va attaccata. E con essa tutto l'impianto emergenziale che giustifica atrocità d'ogni tipo, fatte in divisa o a furor di popolo.


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