giovedì 29 novembre 2018

La repressione morde... spacchiamole i denti!

La linea politica di Minniti è molto semplice quanto demenziale: un PD che contrasti la Lega e le destre sul tema della sicurezza, facendosi anch'esso destra.
Un'idea tutto sommato trita e ritrita, che risale a Giorgio Amendola: chi se ne frega se arrestiamo degli innocenti. Va tolta l'acqua al pesce. Ma quest'ultimo la rivolgeva contro il movimento rivoluzionario degli anni '70, portando il PCI a essere controrivoluzione nel nome dello stato reazionario e scudocrociato dell'epoca.

Minniti è andato oltre: daspo ai poveri, lager libici, respingimenti. Non sarebbe potuto esserci il decreto sicurezza appena votato ieri senza i dispositivi di Minniti.


Un salto di qualità perché la repressione non riguarda più forze rivoluzionarie, movimenti, centri sociali, ma intere categorie sociali.

Quella che si prefigura è una società dominata da bande parafasciste che fanno a gara nell'erigere muri e reprimere. Un regime formato da due destre liberiste, reazionarie e autoritarie: una globalista, al servizio delle euroburocrazie, l'altra nazionalista con nostalgie di fascismo.

Mi torna in mente una frase di copertina di un vecchio numero di Controinformazione: se la repressione morde, spacchiamole i denti.

Ciò significa che per difendere e affermare diritti e spazi occorrerà alzare lo scontro nel momento in cui si produrranno vasti movimenti. Per esempio la lotta dei gilet gialli in Francia e le lotte operaie e sociali d'Oltralpe dei mesi scorsi insegnano. Quando non si è ancora pronti per lo scontro occorre prepararne le condizioni.

E se tornassimo a fare i comunisti?

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