sabato 27 agosto 2011

PUBBLICITARIO, PROFESSIONE...BOH?



Le banalità come questa qui sopra, alla getty images, art che non sanno fare un rough a mano, il copia-incolla concettuale, iconorafie dei luoghi comuni, la pubblicità italiana è diventata proprio dozzinale, scialba. In altre parole, priva di una vita propria.

Mi ricordo che già nell''83, a Venezia, l'unico anno in cui si svolse il festival del cinema pubblicitario nella città della laguna (per il resto Cannes forever), gli italiani avevano poco o nulla da esprimere.
Ma allora si poteva parlare ancora di tempi d'oro. L'era dei guru che non è mai morta., per loro Guru indiscutibili, alla Pirella e Sanna. E guretti che non facevano i profeti in patria: lo erano fuori da Milano. Li vedi approdare ancora oggi in città come Bologna, lustrati da campagne fortunose vecchie di lustri.

Diciamolo, non è stata la crisi e le colpe del mercato drogato da Berlusconi. E neppure l'ignoranza del cliente. Ad abbassare la qualità del prodotto adv e affini è stata la precarizzazione delle professionalità.
Tutti vogliono il think tank per la speculativa, la gara, la campagnaccia strappata tra venti cani azzannanti. Ma il think tank, può anche essere un genialoide, tuttavia non è mai stato o è stato poco in un'agenzia. E questo vale anche per le coppie.
Improvvisazione, partite IVA onerose (siamo in Italia, non in UK dove le congeli), battaglie al ribasso, pagamenti al mese del mai. Ci vuole un gran coraggio per mantenere la passione nel fare le cose.

Una volta si era nomadi. Tre anni al massimo alla Grey e poi via, alla Lintas. Così nascevano e si formavano i creativi, le professionalità, soprattutto i copy e gli art. Ma non era un nomadismo vero. Nelle agenzie c'eri. Semplicemente le giravi, le cambiavi. E loro cambiavano te, arricchendo il tuo bagaglio professionale e culturale. Su Strategia, rivista di advertising, la rubrica "si alzano e si siedono" era lunga come il dizionario Devoto Oli. E l'agenzia in sé era una grande scuola di manager della comunicazione.

Oggi non è più così. Oggi sei fuori e basta. E se hai la fortuna di essere dove sei, fai di tutto per restarci. La colpa? La politica degli imprenditori d'agenzia sulle risorse umane. Le agenzie sono state tra i primi soggetti aziendali a precarizzare i lavoratori della comunicazione, a esternalizzare e ad abbassare prezzi.
Risultato? Sotto gli occhi di tutti.

E i guru travet, i lumpen della nostalgia per i bei tempi andati, direttori creativi del ce riprovamo, continuano a pontificare su chi va bene e chi no. Spesso solo per convenienza personale.

Squallor.

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