domenica 24 febbraio 2019

La strana guerra dei fratelli Trump al Venezuela

Sono settimane che si parla di Venezuela e tutti i media occidentali sono impegnati a dirci che quella Bolivariana è una dittatura, che Maduro è un presidente illegittimo e che il presidente legittimo sarebbe Guadò,che si è autoproclamato in piazza con un inedito criterio autoelettivo che farebbe tremare le vene dei polsi a qualsiasi liberal-democratico. Ci dicono che il regime di Maduro crea fame, opprime, nega gli “aiuti umanitari”.
Non è di questo che voglio parlare. Ma prima di addentrarmi nell’argomento vorrei dire la mia su tutta la questione, molto sinteticamente in 5 punti.



1. Quella bolivariana non è una dittatura: conta ben 25 elezioni in 22 anni. Neppure la democrazia occidentale più avanzata può vantare un tale livello di partecipazione popolare.

2. Maduro è il presidente del Venezuela legittimo, eletto in regolari elezioni l’anno scorso, certificate da autorevoli enti internqazionali come la Fondazione Carter, non certo in odore di comunismo. Elezioni molto più tecnologiche delle nostre, nelle quali i brogli sono remoti se non impossibili.

3. Il Venezuela ha difficoltà economiche come tutti i paesi presi sotto mira dagli USA e dai suoi alleati con sanzioni e rapine di oro e soldi, come solo questi ladroni sanno fare da sempre.

4. Il Venezuela non è un sistema socialista, ma una società basata su un’economia mista con elementi socialisti, di gestione statale che mettono al primo posto i cittadini, a differenza di sistemi come il nostro che mettendo al primo posto “i conti in ordine” stanno distruggendo con il neoliberismo le conquiste sociali ottenute dalle Resistenze popolari e dai movimenti sociali in Occidente nel secondo dopoguerra.

5. Guaidò è un fantoccio della CIA, cresciuto nella CANVAS: un’organizzazione direttamente legata agli USA.

Detto questo, c’è una riflessione che manca in tutti i ragionamenti fatti sulla cosiddetta crisi venezuelana e che riguarda l’aspetto militare.
Leggetevi questa fonte brasiliana del tutto attendibile, di un giornalista: Paulo José Jarava:

"Maduro non sta scherzando . Oltre la chiusura dei confini con il Brasile, schierare truppe e carri armati insieme alle barricate e tagliare lénergia che inviava qui in Brasile , ha posizionato il sistema missilistico russo S-300 terra-aria VM a 11 km da Pacaraima, Roraima . I radar sono molto forti e creano praticamente una zona di esclusione aerea con un raggio di 300 km e raggiungono gli aeroporti di Boa Vista e Manaus (Manaus ospita 8 Ala Base aerea di Manaus, dove FAB 12 Mi- 35 (anche Russi) gli unici elicotteri d'attacco FFAA, oltre ai supercontinenti attaccanti). Mezzi che hanno paralizzato le forze della Forza armata brasiliana e la EB tra cui il famoso battaglione giungla di Manaus che potrebbero essere trasportati da elicotteri Helibras nuova costituzione). In pratica, quasi tutto il traffico aereo che passa sopra Manaus e Boa Vista è controllato da Maduro ed è un'enorme umiliazione. EB e Forze armate brasiliane non possono più spostarsi via aerea per il pericolo di uccisione immediata da missili russi, che per di più hanno gia´abbattuto diversi USNavy in Siria con lo stesso sistema. Cosa significa? Che se c'è un attacco proveniente dal Brasile, dalla Colombia o da Curaçao dovrà essere via terra, visto che anche gli altri confini sono con lo stesso sistema di difesa russa. Da invasori della terra, se colombiani, brasiliani o americani dovranno affrontare l'esercito venezuelano e 2.000.000 milizia bolivariana sparsi in tutta la foresta amazzonica armati di fucili Kalashnikov. E 'molto amaro per il Brasile ammettere questa umiliazione internazionale ma quando hanno accettato questo gruppo di psicopatici al potere, ne hanno anche accettato i rischi. Viene ora spiegato perché il Generale Mourão, vice del pres attuale, non voleva che gli "aiuti umanitari" degli Stati Uniti venissero inviati a Pacaraima dopo la chiusura del confine. Lui, come ex addetto militare di Caracas all'ambasciata brasiliana, sapeva che questo poteva accadere. Adesso ...ahime´...gia´fu.."

L’avete letta? Bene. Se questa fonte fosse attendibile anche solo al 60/70% dei fatti che spiega ce ne sarebbe abbastanza per dire: o Trump è ben consapevole dei costi in vite umane, perché una guerra col Venezuela presupporrebbe l’uso di armi tattiche micidiali che colpirebbero non solo i civili (di cui si è visto alla Casa Bianca frega sega), ma gli stessi invasori e in tempi piuttosto prolungati (escludiamo l’atomica), oppure è un pazzo demente (e con lui i suoi consiglieri) che crede di riuscire ad archiviare la questione con un semplice golpe o una guerra lampo. Io penso che sia la prima ipotesi.


Sul piano militare Vladimir Padrino, il comandante in capo dell’esercito e i più alti ufficiali delle FANB hanno materiale più che a sufficienza dalle esperienze altrui: per esempio gli scritti militari del generale Giap e le tecniche belliche dei Vietcong, applicabili su un terreno che i venezuelani conoscono molto bene: la foresta. Questo riguarda un esercito di terra, i corpi speciali della guerriglia sul terreno, che hanno avuto anni e anni per prepararsi, sin dai primi tempi di Chavez.
Già solo questo in Vietnam comportò perdite per 90 mila uomini tra soldati USA e alleati. E una sconfitta nonostante la superiorità tecnologica.

Nel caso del Venezuela, oltre a questo e a un esercito regolare ben addestrato nelle tecniche di guerra e guerriglia, le FANB hanno anche le più moderne tecnologie belliche messe a disposizione dalla Russia. Per gli USA e i suoi tirapiedi non sarebbe dunque un Vietnam, ma qualcosa di molto peggio. Altro che 90 mila morti!
Si capisce dunque la riluttanza dello stato maggiore brasiliano nel partecipare a una simile e prolungata carneficina.


Ma tutto questo a Washington lo sanno molto bene e non da oggi.

Non è un caso che l’unica chanche che gli USA hanno di spodestare il governo bolivariano sia quella di cercare di spaccare l’esercito. Le Forze Armate Nazionali Bolivariane in realtà sono un corpo militare molto coeso, con un alto livello di lealtà e di senso della patria.
Del resto a Washington sono consapevoli che questo tentativo stia fallendo insieme al golpe, su cui è stata scritta la parola fine proprio ieri, dopo la dead line dell'operazione "aiuti umanitari".
Per cui la situazione proseguirà facendo un po' di teatro, con altre operazioni ben studiate, terrorismo, sanzioni, provocazioni, ma difficilmente con aggressioni esterne che trascinino gli USA in un nuovo Vietnam, nella speranza di logorare l'avversario.

Can che abbaia non morde viene da dire, considerando anche i costi stratosferici che una guerra del genere comporterebbe, non compensabili con i profitti del complesso militare industriale del Pentagono. Oltre agli squilibri economici e sociali su tutto il continente latino-americano.
Quella degli USA appare dunque più una guerra economica, terroristica e mediatica con varie tecniche sull’uso di apparati e uomini addestrati da Belgrado a Kiev, da Miami a Bogotà spacciati per opposizione, in realtà gruppi paramilitari di estrema destra, dietro guarimbas, terrorismo e provocazioni d’ogni genere. Come Guaidò.
E poi i think tank della Casa Bianca non sono uniti tra loro: la lotta intestina tra i sostenitori di Trump e i neocom trasversali dai repubblicani ai democratici, gli scandali, le inchieste non aiutano e al momento, chiusa questa fase penso che non sappiano ancora che pesci pigliare e non ci sono certo posizioni univoche sulla strategia da perseguire.

La partita non è di poco conto. Oltre a essere un pessimo esempio per l'imperialismo, poiché la sua stessa esistenza dimostra che i popoli possono scegliersi il proprio destino e sistema sociale senza il controllo predatorio dell'impero, il Venezuela bolivariano non è la Libia di Gheddafi e neppure la Siria di Bashar Assad. Il Venezuela è il pozzo nero in cui l’intera impalcatura dell’impero, già traballante per il dollaro e per il controllo dei flussi energetici e dei mercati, potrebbe crollare miseramente, aprendo la strada a nuovi scenari mondiali.



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